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Beni culturali e Costituzione

 

  1. I valori e le parole-chiave proposti dalla Costituzione per la nostra convivenza sono radice del passato e garanzia del futuro.
  2. La Costituzione al suo art. 9 individua – nella valorizzazione del patrimonio culturale, artistico e paesistico – una risorsa, anche occupazionale, essenziale per il nostro paese.
  3. La tutela di quel patrimonio è una costante della tradizione storica italiana. L’inserimento di detto patrimonio nei principi costituzionali fondamentali testimonia l’identità nazionale e il nostro passato; la sua saldatura con la tutela del paesaggio (rectius dell’ambiente, secondo un’interpretazione evolutiva consolidata) è promessa e speranza del nostro futuro.
  4. E’ significativo il passaggio dalla tutela delle «cose di interesse storico, archeologico e artistico» (l. 1089/1939), a quella del «paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione» (art. 9 Costituzione), sino, da ultimo, alla «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» ed alla loro «valorizzazione», affidate rispettivamente allo Stato e alle Regioni (art. 117 Costituzione, in esito alla modifica del 2001).
  5. Non è questione soltanto di nominalismo, è un mutamento da una prospettiva statica, conservativa e statocentrica, fondata sull’inalienabilità e sui limiti alla circolazione delle “cose” nella loro materialità, ad una dinamica, tesa a coinvolgere il territorio, la società civile, le forze e le realtà locali.
  6.  E’ una prospettiva di promozione culturale e di salvaguardia dell’ambiente, da un lato, il nesso inscindibile, sottolineato dalla Costituzione, tra patrimonio ambientale e culturale, entrambi da salvaguardare e da valorizzare al meglio, perché sono la nostra prima ricchezza, il “nostro petrolio” non delocalizzabile (anche quanto a creazione di posti di lavoro), ma facile a distruggersi (e in buona parte già distrutto, attraverso sfruttamenti e spoliazioni dissennati). Da un altro lato, la prospettiva nuova dei beni comuni, superando categorie e concettualizzazioni tradizionali e inidonee a cogliere la realtà della fruizione di quei beni oggi e la pluralità di interessi (pubblici e privati) che su di essi convergono.
  7. Il sistema dei beni culturali è segnato da una grande ricchezza, ma anche da una notevole diffusione sul territorio; dalla coesistenza di una pluralità di attori pubblici e privati; quindi dalla frammentazione di competenze e di attività. Perciò è essenziale la cooperazione fra i diversi soggetti coinvolti, nel quadro della sussidiarietà verticale e istituzionale, fra Stato, regioni ed enti locali; e di quella orizzontale, fra pubblico e privato. E’ una cooperazione necessaria, in un contesto in cui la distinzione tra tutela e valorizzazione dei beni culturali, affidata rispettivamente allo Stato e alle regioni (al pari di quanto si è verificato per la tutela dell’ambiente e il governo del territorio), rischia di tradursi in conflitti di competenze, rivendicazioni reciproche, inefficienze.
  8. Accanto al rischio dell’inefficienza, della conflittualità, della burocraticizzazione e della paralisi nella gestione pubblica, aggravate dalla carenza di risorse, vi sono all’opposto la tentazione ed il rischio di uno sfruttamento eccessivo della potenzialità economica del bene culturale, al pari del rischio di degrado ulteriore di un territorio già ampiamente degradato  (l’attenuazione o la scomparsa del vincolo di inalienabilità e di indisponibilità; il procedimento del silenzio-assenso; la spinta ai condoni e alle sanatorie; l’indifferenza agli abusi edilizi, alle alterazioni estetiche del paesaggio e dei centri storici).
  9. Per superare la logica della contrapposizione tra un pubblico per definizione inefficiente e un privato votato esclusivamente al profitto egoistico, occorre guardare con attenzione a quello che troppo sbrigativamente è definito in via residuale come terzo settore. Una realtà che è espressione della società civile e del no-profit; che può agire non in contrapposizione, ma in sinergia e in competizione con il settore profit, attraverso il volontariato, l’associazionismo e le fondazioni, l’imprenditoria sociale e non commerciale; che si esprime nella ricchezza del pluralismo dei suoi protagonisti; che discende dal principio personalistico e da quello di solidarietà, fondamentali nella nostra Costituzione.