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Al “Mattino”: «L’Aventino per il leader è contro la Carta»

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Maria Paola Milanesio del Mattino ha intervistato Giovanni Maria Flick sulla protesta del Pdl al tribunale di Milano contro gli ultimi procedimenti giudiziari di Silvio Berlusconi.

A Milano nuova visita fiscale per Silvio Berlusconi, il legittimo impedimento non riconosciuto ai suoi legali, e a Napoli la richiesta di giudizio immediato per l’ex premier. Per il Pdl siamo all’emergenza democratica.
«Le vicende milanesi sono ben distinte da quelle napoletane a meno di non ipotizzare una sorta di complotto della magistratura nei confronti di Silvio Berlusconi. Complotto che peraltro non c’è».

Coinvolgere il capo dello Stato che senso ha?
«È più che legittimo che il Pdl intenda parlare con il Presidente, ma è tutt’altra cosa sperare che Giorgio Napolitano possa interferire – nella sua veste di presidente del Csm – sui processi in corso. Può esercitare la sua moral suasion, invitare alla responsabilità e al dialogo».

La marcia del Pdl pone un’altra questione: il parlamentare non dovrebbe svolgere il suo compito in Parlamento piuttosto che nelle piazze?
«Accusare i giudici di commettere illegalità o irregolarità e rifiutarsi, di conseguenza, di svolgere la propria funzione parlamentare è una risposta sbagliata. Semmai va fatto proprio il contrario… E poi abbiamo già avuto una forma di Aventino e non ha funzionato. Senza contare che non si può paragonare il rifiuto dei parlamentari di entrare in aula, dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti, al legittimo impedimento nei processi di Berlusconi».

Magari non è così facile sottrarsi alla linea di un partito se si è firmato un ”patto del parlamentare”.
«L’articolo 67 della Costituzione è molto chiaro: il parlamentare rappresenta la nazione ed è chiamato a svolgere una serie di compiti affidati, proprio dalla stessa Costituzione, alle due Camere. Sono convinto che non c’è un mandato imperativo, che nessuno degli eletti possa essere condizionato nelle sue scelte sotto la minaccia di una sanzione. Sarei preoccupatissimo se il parlamentare fosse vincolato al proprio partito. Come Berlusconi anche Grillo ha richiesto un contratto elettorale ai suoi eletti: se nel primo caso chi trasgredisce dovrà risarcire i danni, nel secondo verrà cacciato senza appello».

I parlamentari ridotti a ostaggio?
«È una situazione che evoca la mercantilizzazione della politica, la compravendita dei parlamentari, per cui tutto ha un prezzo, tutto si compra. È vero che il nostro Paese ha una lunga tradizione di trasformismo, a partire da Giovanni Giolitti, ma parlare di contratto significa ammettere la possibilità patologica della compravendita».

Ma qui entra in gioco anche la natura umana.
«Non entro nella valutazione della qualità della classe politica. Il voto non si può comprare, l’idea si può sempre cambiare e i parlamentari – proprio perché rappresentano la nazione – non possono essere costretti a seguire la volontà imposta dal partito. L’indipendenza di deputati e senatori è fondamentale come lo è l’autonomia e l’indipendenza dei giudici. Libertà per chi fa le leggi e libertà per chi deve applicarle; solo così c’è piena garanzia per i cittadini».