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È tempo di un terzo Risorgimento – l’intervento del prof. Giovanni Maria Flick ospite dello spettacolo “Il ratto d’Europa” a Modena

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Di seguito un estratto da un intervento di Giovanni Maria Flick, ospite il 12 maggio a Modena dello spettacolo “Il ratto d’Europa”, in scena al Teatro Storchi fino al 19 maggio.

Travolta dalla furia di una crisi nata oltreoceano, ma ben presto abbattutasi pure sul cuore stesso del vecchio continente, sempre più spesso l’Europa sembra oggi trapassare da solida realtà cui ancorare la nostra quotidianità, pubblica e privata, a mito dal profilo sfuggente. Dopo cinquant’anni di sconfitte e successi del processo di unificazione europea, l’inizio del nuovo millennio sembra aver registrato una brusca frenata di questo percorso. Non poche le spie del drastico ripiegamento dello slancio europeista: il timore che il metodo funzionale dei piccoli passi, seguito nell’ultimo mezzo secolo, sia arrivato al capolinea; il risveglio dei nazionalismi; la constatazione del deficit democratico; la tendenza alla prevalenza della logica intergovernativa; la carenza di una politica europea comune. Causa prima, forse, di questa sorda erosione del progetto europeo il dilagare della preoccupazione per la crisi, finanziaria, economica e sociale in atto. L’emergenza della crisi dei debiti sovrani, troppo spesso ci porta infatti a dimenticare che l’Europa non è solo un mercato comune, ma è anche altro: in primis una solida roccaforte per la tutela dei diritti umani, una tradizione giuridica che l’Unione porta inscritta nel suo stesso DNA.

Le vicende degli ultimi mesi hanno riportato la questione Europa al centro del dibattito politico del nostro Paese. Sforzandosi per un momento di dimenticarsi del chiacchiericcio di una cronaca sempre più asfittica, quale posizione può tenere oggi l’Italia in seno al progetto europeo? Smesse le miopi preoccupazioni per i propri egoistici interessi nazionali, l’Italia può dare un suo reale contributo al mito dell’unificazione del vecchio mondo.

La recente celebrazione dei centocinquanta anni dell’unità di Italia (nel 2011) offre uno stimolo utile per cogliere le premesse ed i segni dello sviluppo europeo, nel percorso unitario del nostro Paese e nella Costituzione.

Nel primo Risorgimento, i valori intorno a cui si sono aggregate l’unità e la coesione furono quelli della storia, della cultura, dell’arte, della lingua, delle tradizioni comuni, della religione, del territorio. Una serie di valori in certo qual modo elitari, che hanno costituito il coefficiente dell’unificazione fra i vari stati preunitari, raggiunta con un complesso di sforzi (diplomatici, militari, rivoluzionari e di volontariato) e completata – dopo le tre guerre di indipendenza – con la vittoria nella guerra del ’15-’18.

Il secondo Risorgimento (ben più concentrato nel tempo), dopo la degenerazione del fascismo, è nato dalla sconfitta del 1943 e dalla nuova frammentazione dell’Italia, con la separazione fra il Regno d’Italia al Sud e la Repubblica Sociale al Nord. La Resistenza, intesa nel suo significato globale; la rinnovata unificazione fra nord e sud (nonostante continui ad esistere la “questione meridionale”); il passaggio referendario dalla monarchia alla repubblica; l’Assemblea costituente e poi la Costituzione sono state le tappe di una ritrovata unità e coesione. Un secondo Risorgimento, i cui valori sono rappresentati da quelli posti a base della Costituzione ed espressi nei suoi principi fondanti; essi non sostituiscono, ma si aggiungono ai valori del primo Risorgimento e in qualche modo li attualizzano.

L’impegno europeo è certamente ben presente in entrambi i risorgimenti, a partire dalle visioni di Cavour, di Garibaldi e di Mazzini. E’ stato coltivato con generosità e con passione sia dai padri dell’Europa, come De Gasperi e Spinelli, sia dai loro successori, come Ciampi e Napolitano. E’ da sempre presente nelle radici cristiane dell’Italia e dell’Europa, al di la di ogni loro proclamazione ufficiale e del rischio che quest’ultima possa essere rivendicata da qualcuno o negata da qualcun altro come strumento di divisione più che di unione.

È un impegno che mira ad un collegamento stretto tra l’Italia di ieri, di oggi e di domani, e l’Europa. Un collegamento reso possibile dalla Costituzione “presbite” del 1948, la quale – con la formulazione dell’art. 11 – ci ha consentito (a differenza di altri paesi) di far proprio l’ordinamento comunitario e poi dell’Unione, senza bisogno di modifiche costituzionali. È un impegno la cui importanza è resa evidente dalla crisi che stiamo vivendo, dentro e fuori i confini del nostro Paese, sul versante dell’economia come su quello della solidarietà e su quello dei diritti fondamentali.

Per richiamare temi di drammatica attualità, basta pensare al confronto/scontro tra stabilità e crescita; al problema dell’immigrazione; a quello della disoccupazione; alla necessità di affrontarli in un’ottica europea. Incombe il pericolo – di questi tempi molto concreto – che la pressione dell’immigrazione o il dilagare della disoccupazione risveglino degli egoismi nazionalistici, spingano alla reviviscenza delle frontiere; favoriscano l’arroccamento dell’Europa o di singoli paesi membri in una inaccettabile “fortezza del benessere”. Sarebbe, questo, il primo passo verso la fine dell’Europa.

Ed è, quello europeo, un impegno senza soluzione di continuità nel passaggio dalla cittadinanza italiana a quella europea; dai valori del patriottismo costituzionale del secondo Risorgimento a quelli del “patriottismo europeo”; da una comunità dell’appartenenza (che può risolversi nell’esclusione) ad una comunità della partecipazione (che mira all’inclusione), in una prospettiva sovranazionale e globale. Un terzo Risorgimento nel quale dobbiamo guardare concretamente non più soltanto ai diritti particolari del cittadino, ma ai diritti universali dell’uomo, della persona. Attraverso quell’impegno la dignità, la solidarietà, l’eguaglianza e la libertà, in cui si sviluppa la Carta europea dei diritti fondamentali, si legano alla dignità e alla laicità, in cui si riassumono tutti i valori fondanti della nostra Costituzione.

L’unità europea da raggiungere non è meno importante dell’unità italiana da conservare. È questa la nuova dimensione dell’eguaglianza, della diversità, della solidarietà, della dignità, della laicità (valori fondanti della nostra Costituzione), con cui siamo chiamati a confrontarci in un mondo segnato dalle migrazioni di massa; dal terrorismo globale e glocale; dalle patologie dell’economia e del mercato; dalla disoccupazione soprattutto giovanile; dalle insidie presenti nell’evoluzione della scienza e della tecnologia; dai problemi dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. Un mondo nel quale possiamo e dobbiamo essere ancora capaci di dire qualcosa di significativo, come italiani e come europei.

Fonte: la Gazzetta di Modena