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Molti dignitari, pochi dignitosi

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Stati Generali della CulturaLa religione civile secondo Giovanni Maria Flick, autore per la Libreria Editrice Vaticana del saggio «Elogio della dignità»

GIACOMO GALEAZZI – Città del Vaticano

La stampa – VATICAN INSIDER

«La dignità è valore preliminare a quelli di libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia». È una religione civile e salvaguardarla è per tutti «un diritto e un dovere per rivendicare e difendere la nostra umanità». Parola di Giovanni Maria Flick, già ministro della Giustizia nel 2006 con il governo Prodi e presidente della Corte costituzionale nominato da Carlo Azeglio Ciampi, professore emerito di Diritto penale alla Luiss, presidente della fondazione «Museo della Shoah» di Roma, membro della commissione di studio per l’etica della ricerca e della bioetica del Cnr.

Nel densissimo saggio «Elogio della dignità» (Libreria Editrice Vaticana, 136 pagine, 12 euro) Flick analizza il contesto attuale di crisi, di odio, di disprezzo della condizione umana sia in generale sia in concreto. «Vanno distinte la dignità in astratto da quella in concreto – evidenzia a Vatican Insider – La dignità in astratto è patrimonio di tutti e di ciascuno. È patrimonio dell’essere umano in quanto tale. Invece la dignità in concreto è propria di ciascun essere umano con i suoi condizionamenti e i suoi limiti. Oggi troppi per diventare “dignitari” rischiano di non essere più dignitosi». Perciò l’indicazione di fondo è netta: «Tanti mirano a divenire “dignitari” a costo di non essere più dignitosi».

Secondo Tommaso d’Aquino e la concezione cristiana, la dignità dell’uomo sta nel suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio e nella sua capacità di orientare le proprie scelte in una continua tensione etica verso Dio. Flick focalizza l’attenzione sul ruolo e il valore della dignità in un mondo globalizzato che sembra averne dimenticato il significato di ponte e di continuità tra un passato di aggressione e un presente e un futuro di nuove minacce e offese a essa. Sotto il profilo giuridico-ordinamentale, il riferimento riguarda la dignità della persona come titolarità organica di interessi intrinsecamente legati alla natura umana, ossia come riconoscimento di un diritto costitutivo e inviolabile corrispondente alla qualità di uomo in quanto tale, dal concepimento alla morte naturale.

«La dignità è premessa e condizione di uguaglianza e al tempo stesso di diversità – spiega il Presidente emerito della Consulta – È espressione e frutto di solidarietà. È fondamento e limite di ogni libertà».

Nella «Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo» del 1948 si legge che «l’unico e sufficiente titolo necessario per il riconoscimento della dignità di un individuo è la sua partecipazione alla comune umanità». Il principio di uguaglianza e non discriminazione, fondato sul riconoscimento della pari dignità ontologica di ciascun uomo, costituisce, infatti, il cardine della moderna civiltà giuridica e dello stato di diritto. Ogni persona è tutelata dal diritto in maniera diretta e immediata in virtù del valore autonomo e intrinseco della sua dignità. Per questo una società giusta può essere realizzata solo nel rispetto e nella promozione della dignità di ogni persona, fine e valore in sé. Un concetto riaffermato a Strasburgo il 25 novembre da papa Francesco nel suo storico discorso al Parlamento europeo: «Quale dignità esiste quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere? Quale dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, il lavoro che lo unge di dignità?».

Per Bergoglio «promuovere la dignità della persona significa riconoscere che essa possiede diritti inalienabili di cui non può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno a beneficio di interessi economici». La dignità come condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo. E insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch’egli deve a se stesso. Per Kant, la dignità dell’uomo sta nel suo essere razionale e capace di vita morale, ed è ciò che gli impone di agire sempre «in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e mai solo come mezzo». Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della dignità umana. E lo stesso Statuto dei lavoratori, per quanto riguarda la dignità e riservatezza del lavoratore ha disciplinato l’esercizio dei poteri di controllo da parte del datore di lavoro con una serie di divieti, al fine di salvaguardare la personalità fisica e morale del dipendente.