di Giorgio Velardi per Lanotiziagiornale.it
Era il 2009, ai tempi della drammatica vicenda di Eluana Englaro, quando, da presidente della Corte Costituzionale, Giovnni Maria Flick chiese a gran voce “chiare scelte legislative” su temi come il testamento biologico o il consenso ai trattamenti sanitari. Nove anni dopo la musica non è cambiata, come dimostra la vicenda di Dj Fabo. Quando risponde al telefono, contattato da La Notizia, Flick lo dice chiaro e tondo: “Ho letto l’ordinanza, un’ordinanza articolata e approfondita che andrà meditata con attenzione. Personalmente, vedo due problemi”.
Il primo? Cosa non va?
“Il solito rischio della politica di cadere nella supplenza dei giudici. Stavolta, ci si rivolge a quelli costituzionali per superare un vuoto legislativo. Ci sono numerose proposte di legge accantonate in Parlamento sul tema: ciò fa pensare una volta di più che è il legislatore che deve operare queste scelte, non delegarle sempre a qualcun altro. Le dirò di più”.
Prego.
“La Consulta come noto non può creare delle leggi. E qui nasce il secondo problema: non sono sicuro che quella che è per l’appunto una scelta legislativa, quindi ribadisco, politica, nel campo della bioetica, possa essere delegata alla Corte Costituzionale”.
In che senso? Si spieghi meglio.
“La Costituzione dice con estrema chiarezza che la vita è inviolabile, fondamento di tutti i diritti. Accanto alla sua inviolabilità c’è la dignità della vita stessa e quella serie di implicazioni collegate come il diritto a rifiutare i trattamenti medico-chirurgici tra i quali io e molti altri crediamo debbano ricomprendersi anche l’idratazione e la nutrizione artificiale. In questo contesto, mi rendo conto della difficoltà di distinguere il trattamento di chi è in condizione di levarsi la vita in autosufficienza e chi invece no”.
Quindi?
“Spero si possa trovare un discrimine tra il cooperare al suicidio della persona e il limitarsi ad assisterla nella sua solitudine in un momento così difficile, in nome del principio di solidarietà che la stessa Costituzione prevede”.
Lei nel 2009 provò a spronare la politica su questo argomento. Perché tanto immobilismo?
“Questo non deve chiederlo a me… Forse il problema è la paura, la riluttanza ad affrontare scelte che possono provocare delle lacerazioni forti, illudendosi che il tutto possa risolversi con la delega al giudice. A quel tempo, il dramma di Eluana Englaro fu trasformato in un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Una lite giuridica. Una circostanza che mi lasciò, e tuttora mi lascia molto perplesso”.
Come andrà a finire?
“Per principio non faccio previsioni, sarebbe scorretto. Di sicuro, credo che come è stato fatto un grande passo avanti con la pronuncia giudiziale su Eluana Englaro alla quale ha fatto seguito la legge sulle Dat, questa ordinanza e la pronuncia della Corte rappresenteranno, a seconda di come finirà, un ulteriore tassello”.