“Da circa un anno continuiamo a sentir dire che secondo la Costituzione la sovranità appartiene al popolo e che quindi, conseguenza implicita, è logico il sovranismo. Non è assolutamente così”
Il consumarsi dell’attuale crisi politica sta minando alcuni dei principi fondamentali della Costituzione?
Farei un passo indietro. Credo che ci sia da qualche tempo a questa parte un discorso sempre più accentuato di indebolimento della Costituzione. Nei primi trentacinque anni di vita la Carta costituzionale è stata combattuta, incontrando molte difficoltà nell’affermarsi. Varie istituzioni di garanzia sono entrate in vigore con molto ritardo: il Consiglio superiore della magistratura, la Corte Costituzionale.
Nei secondi trentacinque anni di vita, si è cominciato a dire “questa Costituzione è vecchia, ha molti problemi; cambiamola” e via dicendo. Oltre al fatto che ci sono altre costituzioni più vecchie che funzionano perfettamente ancora adesso (penso a quella degli Stati Uniti), che si debba adeguare sotto alcuni aspetti in quanto i tempi sono notevolmente cambiati da quelli in cui è stata emanata, è perfettamente comprensibile. Ma la necessità di buttarla nel cestino, questo proprio no.
A cosa mirano certi tipi di attacchi?
Gli affondi alla costituzione sono venuti fuori con i primi referendum: quello del 2000 e del 2006, che hanno cercato di cambiare l’architettura della seconda parte della Carta. Poi c’è stata la proposta del 2016: la più significativa, la più innovativa, ma che presentava uno sbaglio di fondo, quello di essere una proposta politica e di legittimazione del governo e del premier, che non dovrebbe aver nulla a che fare con una modifica costituzionale.
Il passaggio successivo per demolire la Costituzione è stato quello di disapplicarla tout court. Da circa un anno continuiamo a sentir dire che secondo la Costituzione la sovranità appartiene al popolo e che quindi, conseguenza implicita, è logico il sovranismo. Non è così. Perché la carta costituzionale dice che la sovranità appartiene al popolo ma il popolo la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione stessa. Il che vuol dire: ripartizione dei poteri, ripartizione di responsabilità, competenze differenziate, controlli reciproci, in altre parole, sintetizzando, check and balance; e cioè garantire i diritti delle minoranze e dei singoli.
C’è quindi un’interpretazione viziata della carta costituzionale?
Quando sento dire che gli organismi di garanzia, che non sono d’accordo con la linea politica del governo, devono presentarsi alle elezioni, rimango sconcertato. Gli organismi di garanzia esistono proprio per evitare che un qualche potere (soprattutto il governo) e una qualche realtà prendano il sopravvento sugli altri. Servono per salvaguardare i diritti fondamentali. Alla base di quest’ultimi, l’articolo 3 ci dice che tutti hanno pari dignità sociale, non solo i cittadini ma anche gli stranieri: perché sia per le convenzioni che l’Italia ha firmato, sia per l’art. 10 della Costituzione, viene imposta la parità dei diritti anche per i non italiani.
Con l’attuale governo, invece, si sta facendo tutto il contrario…
Tutto questo è stato scritto nel 1947, quando l’Italia era un paese di emigrazione, non di immigrazione, e i nostri nonni partivano non più per l’America ma per il Belgio o per la Svizzera. In questo quadro, l’uguaglianza di tipo sostanziale è messa a rischio da tre situazioni emblematiche preoccupanti: quello dell’ebreo, ovvero la rinascita dell’antisemitismo; quella della donna e quella del migrante. Il germe che temo non si sia mai estirpato, covato nell’odio, nella paura del diverso, nell’invidia: ogni tanto si assopisce, ogni tanto si sveglia in posizioni singole, ogni tanto viene eccitato nella misura in cui l’istigazione alla paura verso il diverso diventa, come in Italia, un fatto comune. La leva della paura fa inoltre ottima presa per considerazioni politiche e di carattere elettorale. Ti chiedo il voto perché prima ti spavento con l’immagine dei diversi che attentano alla tua sicurezza e poi ti rassicuro sulla difesa con le leggi che sto emanando.
Il secondo problema è la discriminazione della donna. La storia di parificazione in Italia non può fermare una subcultura che si manifesta alla fine troppo spesso con il femminicidio. E non bastano le leggi repressive, che pur ci vogliono. Il terzo caso di discriminazione, invece, riguarda i barconi. Il migrante è diverso da noi per cultura, mancata conoscenza e (troppo spesso) mancato rispetto dei nostri usi e delle nostre leggi. È diverso perché portatore di fame, e quello che era l’accettazione del migrante come persona singola adesso è una questione allarmante in quanto si assiste a emigrazioni di massa; senza però arrivare alla fake news dell’invasione.
L’approccio a tale questione, però, sembra aver preso un’inclinazione di tipo muscolare…
Tutto ciò, per l’appunto, è stato ancora più recentemente acuito da alcune leggi, le quali mettono sullo stesso piano la sicurezza e l’immigrazione. Nel decreto sicurezza, e ancora di più nel decreto sicurezza bis, il migrante come tale viene considerato per definizione un soggetto pericoloso, con un “bollo” che contraddice la pari dignità sociale. Eppure i responsabili delle ultime drammatiche vicende di delinquenza (Corinaldo, Bergamo, il carabiniere ucciso a Roma) arrivano dall’Italia o dagli Stati Uniti, non dai barconi dei migranti.
C’è stato uno scivolamento dei poteri dal primo ministro a quello dell’Interno?
I due decreti sono stati realizzati attraverso una forzatura. Il legislatore è il Parlamento e solo in casi di ragioni di urgenza e necessità il governo può adottare dei provvedimenti provvisori aventi forza di legge. A tal proposito, non vedo alcuna ragione d’urgenza capace di giustificare nel 2018 e nel 2019 prima una stretta e poi un ulteriore giro di vita, un atto di forza, spiegabile solamente come un impedimento del salvataggio dei migranti in mare rendendo molto più difficile l’intervento delle Ong.
In questi casi, il Presidente della Repubblica che ruolo deve giocare in termini costituzionali?
Il Presidente della Repubblica non ha il compito di controllare specificamente e analiticamente la costituzionalità delle leggi, ma quello di valutarne il significato costituzionale in un certo contesto politico. Sono state molte le leggi promulgate dai Presidenti successivamente dichiarate incostituzionale: il problema comincia a farsi preoccupante quando, come ora con Sergio Mattarella, il capo dello Stato è costretto a emanare dei moniti, che sono soprattutto dei moral suasion, importantissimi ma privi di significato giuridico vincolante, come quello che ha fatto con il primo e il con il secondo decreto sicurezza.
Il messaggio, comunque, è stato chiaro…
Certamente: sia nella sproporzione e nell’irragionevolezza della sanzione, sia nell’obbligo di salvataggio in mare, fondamentale per le convenzioni internazionali e per il nostro ordine costituzionale. Quello che fa paura è che per salvare una maggioranza politica praticamente inesistente, come è emerso pochi giorni dopo l’approvazione del decreto bis, si sia sacrificato il salvataggio di esseri umani che annegano in mare.
Vede dei tentativi di capovolgimento dell’ordine costituzionale?
La Costituzione è attuale tutt’ora: al suo interno comprende valori come l’uguaglianza, la diversità (quando non diventa discriminazione), la solidarietà. Principi che vivono nella misura in cui vengono attuati e resi concreti nella loro quotidianità. Per fare un esempio: nel nostro sistema penale è prevista soltanto la pena detentiva, la reclusione (e la multa), e questo discorso viene sempre più accentuato anche dalle ultime riforme: “aumentiamo le carceri” oppure “le carceri sono troppo poche e i migranti in continuo aumento e sempre più pericolosi”. Se andiamo a vedere in carcere, tuttavia, c’è un 30% di migranti.
Si pensa che il carcere sia il rimedio perfetto contro il disagio sociale, ma non è così. Le statistiche dimostrano che chi sconta la condanna in questi istituti ha un tasso di recidivanza, cioè di ripetizione del reato, del 70 per cento circa; al di fuori, invece, del 30 per cento. Le pene devono tendere a rieducare non a deviare.
Questo come si traduce nella società?
Vedo alcune deviazioni palesi dei pilastri costituzionali. La prima è l’aver dimenticato il principio di uguaglianza e di dignità sociale.
E sul piano istituzionale?
Non c’è dubbio della presenza di una forte insofferenza verso quelli che vengono definiti dei riti formali inutili, ma che in realtà sono delle importanti colonne della convivenza istituzionale. L’inno nazionale cantato al Papeete beach lascia un po’ perplessi: negli Stati Uniti può capitare anche che si veda bruciare la bandiera nazionale, ma ci sono dei simboli e dei valori che hanno rappresentato e rappresentano qualcosa di importante per molte persone e che non è giusto irridere. Esistono dei modi diversi per ricordare certi simboli, anche se si parla solo di forma questa diventa fondamentale quando non è fine a se stessa.
Quale rischio stiamo correndo?
Il reciproco rispetto tra gli organi dello Stato e la leale collaborazione sono necessari per la convivenza civile. L’ultimo mio lavoro si intitola “La Costituzione: un manuale di convivenza”, ero tentato di chiamarlo un “manuale di sopravvivenza”, come i manuali che si consegnavano agli aviatori che andavano a bombardare i territori nemici, perché rischiamo veramente di arrivare a una situazione di emergenza.
L’applicazione della Costituzione da lei descritta, riveste il Capo dello Stato di un ruolo particolare in questa crisi politica?
Napolitano, per esempio, è stato un arbitro di tipo diverso, fischiando certamente di più, ma adottando certi registri di riforma nei quali vedeva la salvezza del Paese. L’attuale Presidente della Repubblica, in questo caso, si trova di fronte a una serie di varianti decifrabili solo tramite un calcolatore continuamente in funzione per vagliare le emergenze diverse che ogni minuto saltano fuori. Posso solo dire che questo epilogo era prevedibile, in quanto una logica di un programma di governo fatto come contratto privatistico da parte di forze politiche profondamente contrapposte l’una dall’altra, era un’impresa molto ardita. La figura del Presidente della Repubblica deve essere rispettata, in quanto garante dell’unità nazionale e perché fondata dalla capacità di guardare a tutte le posizioni in modo imparziale e per il bene del Paese.