di Francesco Specchia per LiberoQuotidiano.it
Professor Giovanni Maria Flick, da pregiato giurista, accademico, presidente emerito delle Corte Costituzionale ed ex magistrato, lei si è molto esposto sulla riforma del processo penale che entrerà in vigore il 1° gennaio. Ha parlato di “approccio sbagliato”. E se l’approccio è sbagliato, figuriamoci il resto….
“Sì. Il metodo stesso con cui ci si è approcciati alla riforma è profondamente sbagliato. Oltre alla prescrizione c’è un mondo da riformare prima e contemporaneamente. Per esempio, la pletora dei reati: e meno reati significa meno processi. Tutti ora parlano di depenalizzarli ma si fa l’esatto contrario”.
Cosa non la convince? Il processo che diventerà eterno? L’ossessione del ministro Bonafede per l’abolizione della prescrizione dopo il 1° di giudizio? L’approssimazione?
“Il punto è che non si può parlare solo di prescrizione tralasciando tutto il resto. E qui si tende a fare confusione tra la prescrizione -che è la cancellazione sostanziale del reato dopo un certo tempo- e la ragionevole durata del processo -che prevede un limite processuale previsto dalla Costituzione e dalla Cedu-. E si vuole stabilire uno stesso identico limite per reati e per processi completamente diversi. Non funziona così…”.
Cioè secondo lei occorreva prima una riforma complessiva dei processi?
“Certo. Si parte dal concetto sbagliato che la durata eccessiva dei processi sia colpa degli avvocati, anche se l’imputato ha il sacrosanto diritto di essere difeso. Quando in realtà, guardi, le lungaggini sono dovute, per la maggior parte, ad enormi disfunzioni organizzative degli uffici giudiziari, anche in periodi in cui la difesa non può fare nulla, come i passaggi dei fascicoli. E la soluzione di tutto questo sarebbe aumentare la durata della prescrizione o cancellare le impugnazioni? Mi pare tutto molto confuso…”
Però con la riforma del processo civile era andata meglio, no?
“Sì, ma la materia è più facile. E ci hanno messo più energia. Ma la politica è così: si concentra, ad intermittenza, ora sul processo civile lasciando sguarnito il penale, e viceversa. A me questa pare una riforma confusa che ha mischiato temi molto politici ad altri tecnici ma senza un baricentro chiaro. Sarebbe stato meglio, ad esempio, tenere il buono della riforma Orlando, invece la si è eliminata in blocco”.
E secondo lei, alla fine della fiera, quale potrebbe essere la soluzione?
“Ovviamente, fermo restando che l’obbligatorietà dell’azione penale è una cosa estremamente seria, qui, per una riorganizzazione del tema processuale occorre chiamare dei tecnici, riunirli attorno ad un tavolo e ascoltarli. E dire che il codice riformato del 1989 aveva una sua precisa fisionomia, che poi progressivi interventi correttivi ma disorganici hanno snaturato”.
Per rimanere più terra-terra, oltre a smaltire i reati non sarebbe utile -chessò- aumentare il personale nelle aule e negli uffici giudiziari?
“Certo, potrebbe giovare: non è un caso che in alcuni tribunali d’Italia alcuni processi durino la metà degli altri. Ma c’è altro. Siamo davvero sicuri, per esempio, che l’informatizzazione degli uffici, così com’è fatta ed applicata, risolva i problemi della giustizia?”
Lei non è d’accordo neanche sull’uso dei trojan nelle intercettazioni (anche se sfido chiunque ad averne, ad ora, un’idea chiara)…
“Il Trojan è uno strumento di captazione delle informazioni molto pesante ed invasivo rispetto al precetto costituzionale di rispetto della libertà e segretezza delle comunicazioni. Lo stesso codice penale dice che le intercettazioni devono servire per confermare situazioni di prove già raccolte. Mi pare invece che qui si stia optando per estendere l’uso dei trojan come criterio generale di indagine. La qual cosa è inaccettabile. Il resto della riforma -parlo dal punto di vista penale di mia competenza- non riesco proprio a vederlo se non in questa iniziativa sulla prescrizione che ha soltanto il sapore dello scambio: io cedo sulla prescrizione e tu lo fai sulle intercettazioni”.
Ma, per restare in tema, almeno questa riforma non blocca definitivamente la porta girevole politica/magistratura?
“Ecco, quello è uno dei pochi elementi condivisibili di questa riforma; ed era una cosa per cui mi ero fortemente battuto da ministro: massima libertà nello scegliere la politica, ma se un magistrato varca quella porta non può tornare più indietro”.
Quando lei era ministro delle Giustizia nel governo Prodi propose le pagelle per i magistrati. Come vede il fatto che oggi le stanno riproponendo?
“Allora mi presero a pietre in faccia. Ora che in molti ne stanno riparlando ammettono che non era una cattiva idea”.
Il premier Conte, nel discorso di fine anno, ha promesso di velocizzare i processi. Direi che sarebbe stata una notizia il contrario…
“Vedo un lieve miglioramento rispetto al silenzio pressoché totale sulla giustizia nel suo discorso d’insediamento. Velocizzare i processi è una cosa ovvia. Si tratta di vedere come e quando farlo. In realtà questa riforma epocale della giustizia viene declamata da tempo dal ministro Bonafede, ma non abbiamo ancora capito bene di cosa si tratti…”