Alla luce dell’esperienza che ho maturato in quest’ambito, credo che la giustizia, come le grandi opere pubbliche, non possa mai derogare, in nome dell’efficienza e dell’emergenza, agli strumenti “ordinari” posti a presidio della legalità; ma sono convinto che vada superata in tempi brevissimi, anche con interventi normativi straordinari, la deprimente alternativa attuale (o inefficienza, o illegalità; spesso unite in mostruosa sintesi: sia inefficienza, sia illegalità).
A mio avviso:
- Il rapporto fra criminalità economica, corruzione e criminalità organizzata (tre momenti fondamentali della criminalità attuale) deve essere sottolineato in modo ben più incisivo. A venti anni dalla uccisione di Falcone e Borsellino e dalle inchieste di “Mani pulite”, nel contrasto alla criminalità economica si è fatto un rilevante passo indietro (eliminando, in pratica, il falso in bilancio e gli altri delitti contro l’economia); nella prevenzione della corruzione non si era fatto nulla, sino alla legge (insufficiente) approvata nel novembre scorso; soltanto nel contrasto alla criminalità organizzata si è avviata una strategia più incisiva (con le misure di prevenzione patrimoniale e le informazioni antimafia).
- L’impossibilità di convivere con la mafia si è fatta strada (con fatica); ma siamo ben lontani dal credere che non si possa convivere neppure con la corruzione, il falso in bilancio, il sommerso e l’evasione fiscale che – attraverso la zona grigia delle connivenze, delle infiltrazioni e degli inquinamenti – si saldano strettamente con le organizzazioni criminali (come dimostra l’esperienza quotidiana e in particolare la gravissima infiltrazione nelle istituzioni della Lombardia).
- Il sintetico riferimento dell’Agenda Monti del 23 dicembre 2012 «a quanto iniziato dal Governo in materia di miglioramento e accelerazione per la giustizia civile e delle imprese» non esaurisce i grandi problemi della giustizia, sotto tre profili: recupero di competitività; attese di giustizia civile e penale; intollerabili ritardi, sprechi, inefficienze (i cui costi umani, sociali e istituzionali, sono non meno gravi di quelli economici).
- Nel processo civile va recuperato (sul piano legislativo, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, ma anche sul piano culturale) lo strumento della mediazione come alternativa alla giustizia (confronto tra gli interessi, non controversia sui diritti), anziché come giustizia alternativa (e quindi di seconda classe); occorre altresì incrementare il ricorso alle best practices elaborate da avvocati, magistrati, camere di commerico.
- Il tribunale delle imprese, ora istituito “solo” come sezione specializzata, deve essere potenziato e dotato di strumenti propri (e snelli) che potrebbero divenire il modello anche in altri settori della giustizia civile (ad esempio il tribunale per la famiglia etc.).
- Nel processo penale, oltre a una nuova disciplina delle intercettazioni va riequilibrato il raporto tra garanzie ed efficienza, ora abusato in nome del malinteso principio costituzionale del giusto processo. L’obiettivo deve essere quello del noto (ma sempre eluso) slogan: esercitare la difesa nel processo e non difendersi dal processo.
- Lo stato di indegnità e illegalità delle carceri (per condizioni strutturali e sovraffollamento) deve essere una priorità, anche attraverso la maturazione di una moral suasion in Parlamento e nell’opinione pubblica (la cui necessità è dimostrata dalle vicende di fine legislatura, e dalla recente condanna dell’Italia da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo). L’esecuzione della pena va ricondotta ai principi costituzionali di rieducazione, umanità e dignità, attraverso immediati interventi normativi, ordinamenti e organizzativi (pene diverse dalla detenzione, per gran parte dei reati diversi da quelli contro la persona; potenziamento delle misure alternative al carcere, per i meritevoli; ricorso al c.d. terzo settore per la gestione concreta delle misure alternative)..
- Più in generale, le condizioni dei “soggetti deboli” (i detenuti e talvolta anche le vittime del reato; i minori; i disabili; gli anziani; i malati; i migranti; le donne) sono un problema di pari dignità e di eguaglianza formale e sostanziale (non di “protezione”) da affrontare soprattutto in chiave di solidarietà.